Titolo: La coscienza di Zeno.
Autore/trice: Italo Svevo.
Editore: Newton (edizione Minimamut).
Giunta ormai alla fine di tale viaggio narrativo, mi preme far tale recensione, ed ammaliata dalla scrittura elegante quale quella di Svevo, mi vien da copiarne.
Oke, bando alle ciance, ho voluto aprire questo post, che seppur sembri di scherno, lodando la scrittura di Svevo. Devo ammettere che, fin ora, non mi ero mai gettata in una lettura “classica” (o vecchia, come dico io) eppure, già dalle prime righe, questo libro mi ha appassionato. Il modo di scrivere di Svevo, di raccontare le avventure di Zeno in prima persona, ha fatto si che il testo scivolasse sotto gli occhi senza alcuna difficoltà e che quelle 345 pagine fossero meno pesanti di quanto fosse il libro in se.
Oke, bando alle ciance, ho voluto aprire questo post, che seppur sembri di scherno, lodando la scrittura di Svevo. Devo ammettere che, fin ora, non mi ero mai gettata in una lettura “classica” (o vecchia, come dico io) eppure, già dalle prime righe, questo libro mi ha appassionato. Il modo di scrivere di Svevo, di raccontare le avventure di Zeno in prima persona, ha fatto si che il testo scivolasse sotto gli occhi senza alcuna difficoltà e che quelle 345 pagine fossero meno pesanti di quanto fosse il libro in se.
La Coscienza di Zeno narra di quest'uomo che ha dentro se una miriade di insicurezze, ansie, paure, angoscie. E ne scrive un manoscritto che consegna al suo medico, al quale dice d'essere malato - riconosciuta come una malattia immaginaria da uno dei personaggi di sfondo del libro. E’ interessante vedere come, infine, Zeno rappresenti molte delle paure di molti uomini e donne anche del nostro presente. La paura di restare soli (e, ad esempio, lui si sposa perchè teme di invecchiare da solo), il voler eccedere per superare qualcun altro, le lotte da uomo ad uomo per la conquista di una donna. Ce ne sono tanti di esempi che potrei fare.
Alla fine lui capisce che non è malato come ha creduto, ma che tutto ciò che ha vissuto e creduto fin ora, fan semplicemente parte della vita. Infatti alla fine scrive:
Alla fine lui capisce che non è malato come ha creduto, ma che tutto ciò che ha vissuto e creduto fin ora, fan semplicemente parte della vita. Infatti alla fine scrive:
« La vita somiglia un poco alla malattia come procede per crisi e usi giornalieri miglioramenti e peggioramento. A differenza delle altre malattie, la vita è sempre mortale. Non sopporta una cura. Sarebbe come voler turare i buchi nel nostro corpo credendoli delle ferite. Morire strangolati non appena curati. »
Concludendo e come ho già detto, la lettura è leggera grazie al modo di scrivere di Svevo che da anche dell'ironia a ciò che scrive, facendo si che qualche parte sia anche comica. Penso che sia una delle letture da fare almeno una volta nella vita.
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